venerdì 28 settembre 2012

SUL SENTIERO DI GUERRA

Mi capita spesso, cara Paola, di unire più avvenimenti casuali della mia vita e di tirarne delle conclusioni. O meglio. Capita spesso che due avvenimenti lontani tra loro, improvvisamente si avvicinino e donino alle cose una luce diversa.
Mi spiego.

Sto leggendo questo libro:

SUL SENTIERO DI GUERRA
Scritti e testimonianze degli Indiani d'America
a.c. di C. Hamilton



La storia dei nativi americani è una passione che coltiva da molti anni il K., a cui si è avvicinato molto l'Uno e dunque mi sono cimentata.
Questo libro racconta la loro vita. Le regole della tribù, i giochi da bambini (il gioco del 'far finta di essere un bianco' con le corteccie di betulle a simulare il cotone), la caccia al bisonte, la religione, i cavalli...
E' molto scorrevole, piacevole e divertente a tratti nel constatare come gli indiani di prateria e quelli di bosco fossero stati diversi, un po' come l'uomo bianco di campagna e di città.

E me, non so perché ha incuriosito molto l'aspetto della caccia e dell'utensileria. Loro, così a impatto zero, per usare un termine del nuovo millennio.
Gli animali erano sacri e più erano  feroci e più si veneravano: lupi, orsi, bufali. 
Il passo dell'uomo verso la maturità passava dall'uccisione del bufalo. Una volta ucciso il sangue veniva versato nella terra per ringraziarla, le ossa venivano usate per le armi e i coltelli, i tendini venivano usati come spaghi per cucire e pescare.
E mentre si portava al tipì la preda, si ringraziavano gli dei della natura.

Cosa accade mentre leggo questo libro?
Una proposta per l'Uno: un laboratorio di archeologia sperimentale. Uso del fuoco, utilizzo degli arnesi di caccia, pittura rupestre... A seguire un laboratorio per i grandi con preparazione del fuoco, macellazione attraverso la selce, utilizzo dei tendini e infine creazione di un ago.

Oggi mi chiamano dicendomi che tutto è annullato. Il sindaco ha procrastinato l'evento. I naturalisti (?) insorti tramite FB hanno urlato all'orrore.

Sono rimasta sbalordita per due cose.
La prima, e lo dico da compagna di un vegetariano, è per lo scollamento che noto in queste prese di posizione nette, totalmente antidemocratiche e violente che noto in alcuni e sottolineo alcuni animalisti.
Avevo a suo tempo parlato del Dilemma dell'onnivoro in cui in sostanza si dice che mangiamo troppa carne e lottiamo perché non se ne mangi più in modo ugualmente distorto. Abbiamo perso il senso dell'odore della carne, non ci ricordiamo più che i muscoli grondano sangue perché l'industria ce li ha ripuliti. Ma allo stesso tempo siamo cittadini che vedono l'animale come un idolo isolato e lontano.
Lo so, animalisti, che non siete tutti così, ma a volte ho l'impressione che certe prese di posizione siano ideologiche.
Rimettere le mani nel sangue, come facevano gli indiani, ci riporta ad una sacralità. Non si vede l'animale solo come fonte di cibo, ma si riscopre un atteggiamento di riverenza che è quello che anche nei confronti delle piante, a noi manca.

E in secondo luogo ho l'impressione che qui da noi smuova più un animale macellato che un festino di politicanti con le maschere di maiale in testa. E questo, davvero, lo trovo incredibile.

Finisco con una citazione del libro che non si può non condividere:

V'era una grande differenza nell'atteggiamento degli indiani da una parte e dei caucasici dall'altra, verso la natura: una differenza consistente nel fatto che gli uni erano portati a conservare, e gli altri a distruggere la vita. L'indiano, non meno di tutti gli altri esseri che nascono e crescono, era nutrito dalla madre di tutti, la Madre Terra. Egli si sentiva quindi consanguineo di tutte le cose viventi e concedeva a tutte le creature i suoi stessi diritti. Ogni cosa, sulla faccia della terra, era oggetto di amore e di rispetto. La filosofia del caucasico, invece, era questa: "Le cose sulla terra sono terrene," cose dunque da tenere in non cale e da disprezzare. 



mercoledì 26 settembre 2012

MAI PIU' SENZA.... (remember) PAOLO

Il mio mai più senza l'avevo iniziato qui.
E poi ho continuato con convinzione. Le regole sono semplici e le ricordo:

  • Elencare qualcosa che ha giocato da piccola 'svolta' nella vostra vita
  • Elencare qualcosa di non sponsorizzato 
Bene, noi abbiamo avuto una piacevole svolta con questo:


Un giorno passo da una Città del Sole in cerca di un regalo per il mio piccolo Due. Entro, passo. Nulla di che. Ripasso. In fondo in fondo, sotto vedo una scatola quadrata che si chiama Paolo. Costruzioni. Mmmmm. Sì. E' mia. Prezzo non eccessivo.



Dunque, intanto l'ho comprato a scatola chiusa (fuor di metafora) perché mi ricordava troppo questo e da tempo lo bramavo.
In sè l'idea è molto semplice: grossi cartoni lucidi e geometrici di innumerevoli forme e gancini per allacciarli insieme.



Gnomo Due e Tre lo adorano e l'Uno non disdegna (che a otto anni vuol dire: "Meraviglioso!!").
Ho notato soprattutto che il Due, bambino concreto, iper-realista all'inizio faticava nel rappresentare oggetti il più vicino alla realtà, poi ha cominciato a lasciarsi andare e a costruire tralasciando l'imitazione. Ohhhh....


Che poi questo già basta.
Se non fosse per il fatto che gli oggetti creati hanno una bellezza intrinseca sbalorditiva.
Buttate via i ninnoli dalle mensole!
Basta Paolo.


L'unico difetto: il dispiacere della distruzione.
Su questo ci stiamo ancora lavorando.

mercoledì 19 settembre 2012

SUGLI INSERIMENTI AI NIDI ovvero IL TEMPO

Da noi, nei nidi comunali, l'inserimento dura 15 giorni. Nella realtà poi se il bambino non ha particolari problemi, si riduce a 6-7 mattine.
Mentre i nostri piccoletti cominciano a studiare le aule, a noi genitori vengono raccontate delle favole.
Questa è quella che a me è piaciuta di più:

C’è una donna che sposa un re con un bambino. Nel giorno del matrimonio, la donna conosce questo bambino, ed è colpita tantissimo dal dolore che gli si legge in viso, ed è il dolore per la morte della sua mamma. La donna è così colpita che si dice: «Io non tollero che un bambino debba soffrire così, farò di tutto per essere io una buona mamma per lui». E da quel giorno fa di tutto per essere una buona mamma per questo bambino. Quando il bambino torna nella capanna, gli prepara i cibi migliori che lei sa cucinare, e il bambino li allontana stizzito dicendo: «Che schifo! La mia mamma sì che faceva le cose buone!». Quando il bambino esce dalla capanna gli prepara gli abiti lavati e rammendati durante la notte, e il bambino, tutte le sere torna alla capanna con gli abiti tutti strappati, infangati; insomma qualsiasi cosa la donna faccia, il bambino gliela distrugge sistematicamente. A quel punto la donna, disperata, decide di andare a chiedere aiuto allo stregone del villaggio.
Va dallo stregone gli dice: «Preparami una magia per conquistare il mio bambino. Te la pagherò a qualsiasi prezzo!». Lo stregone la guarda e poi le risponde: «Va bene. Se tu vuoi io te la preparo. Ma per fare la magia che serve a te, io ho bisogno che tu mi porti due baffi del leone più feroce che ci sia nella foresta». La donna si dispera ancora di più e dice: «Mi stai dicendo che non lo conquisterò mai questo bambino! Come puoi pretendere che io possa strappare due baffi al leone più feroce della foresta! Quello mi divora immediatamente!». E se ne andò via più sconfortata di prima. Ma durante la notte continua a pensare. Pensa e ripensa, alla fine decide che le è così intollerabile l’idea di non poter consolare il dolore di questo bambino che proverà a conquistare anche i baffi del leone. Il giorno dopo si procura un gran vassoio di carne, va nella foresta e lo depone per terra al limitare estremo di quello che è convenuto come il territorio del leone più feroce, e se ne va. Il giorno successivo, con un altro gran vassoio di carne, va nella foresta e lo depone qualche passo più avanti, e se ne va. Il terzo giorno con un altro gran vassoio di carne, va nella foresta lo depone qualche passo ancora più avanti, e se ne va. E così il quarto, il quinto, il sesto, il decimo, il ventesimo, il cinquantesimo, il centesimo giorno. Passano i giorni, passano i mesi e la donna con il suo vassoio di carne avanza sempre più nel territorio del leone più feroce. Finalmente arriva il giorno in cui da lontano riesce a vedere la tana del leone, che è lì, ormai abituato ad avere il suo vassoio di carne, è lì fuori che aspetta. La donna è terrorizzata, ma decide di continuare. E arriva il giorno in cui depone il vassoio di carne ai piedi del leone, con il cuore che le impazzisce per il terrore nel petto. Ma il leone si è ormai abituato a lei, al suo vassoio di carne e inizia tranquillamente a mangiare. Allora la donna con una mossa furtiva gli strappa due baffi, ma il leone non se ne accorge neanche. Allora lei stringe i due baffi nella mano, riattraversa correndo la foresta, va dallo stregone e gli fa: «Ecco i due baffi! Preparami una magia per conquistare il mio bambino!». E lo stregone, che è stato un bravissimo terapeuta, sta a lungo in silenzio, poi le dice: «Mi spiace, non bastano i baffi del leone per conquistare un bambino!». E la donna prorompe in un grandissimo pianto e dice: «Ma allora tu mi hai ingannata, mi hai tradita, me lo avevi promesso. Io ho rischiato la vita per conquistare questi baffi! Che cos’altro può fare una povera donna per conquistare un bambino!?». E lo stregone la lasciò piangere tutte le sue lacrime e poi le dice: «Lo sai perché io non ti posso fare la magia che tu vuoi? Perché quella non ce l’ho più io nelle mie mani, che l’hai tu, nelle tue. E la magia è semplicemente questa: devi fare con il tuo bambino, quello che hai fatto con il leone».

Questa è una storia sul tempo. Il tempo necessario per conoscersi. Il tempo necessario per abituarsi. Il tempo necessario per far passare il dolore. Il tempo necessario per assaporare la felicità.
E' un mio tema quello del tempo. E' un tema che mi trasporto e che mi affianca da settimane.

All'improvviso ho capito che l'affanno cominciava ad essere troppo e che io continuavo a correre anche se non era quello che volevo. E nella mia corsa trascinavo con me casa, marito e figli. Forza dai! Tutti dietro.

Poi l'estate. Che ti ferma per forza e placa. 
Oggi non è facile allentare il tempo, dilatarlo, farlo tornare un po' meno nevrotico. Lui si modella sulle nostre vite, sulle nostre esigenze: questo pc è lento, dopo basket corri a dottrina, forza a casa, e poi? chiedono i bambini, poi cena denti libro letto. Tutto scandito tac tac tac.

Alcune mamme del nostro gruppo nido si lamentavano. Troppo lungo l'inserimento. Il lavoro chiama.
Dico che è difficile conciliare cose inconciliabili, ma la priorità urge. Bambini allegri che zampettano incontro alla maestra e bambini coi lacrimoni che urlano mamma. I bambini non hanno tempi lavorativi. E' un problema. Ma per chi è il vero problema?

Forse una soluzione è dare da mangiare al leone. Ma si sa, certe cose sai quando iniziano e non sai quando finiscono.

(Dimenticavo la fiaba è etiope, ed è riportata da A. Marcoli nel libro Passaggi di vita)

martedì 11 settembre 2012

CIIIIIIISSSSSSS.....

Questa era la prima:


Ma ecco, mi sembrava 'tonta', che in gergo significa sfuocata. Allora gliel'ho rifatta fare:


Ma nooooo!!! Mio piccolo Gnomo Tre. Guarda come sei serio... Dai un sorrisone:


Ohhhhh!!!! Finalmente la foto del primo giorno di scuola.
Ieri questo pastrugno ha iniziato l'inserimento al nido. Io sono scafata, sono al terzo inserimento. Ma loro, sempre sono al primo.
Io sì, ogni tanto mi ricordo di abbassare lo sguardo su di lui e guardarlo bene bene.
Se penso al mio cuore spezzato di mamma al primo nido con l'Uno. Sono passati secoli? No, contavo oggi, pochi anni. Sei per essere precisi.
Eppure tutto è così diverso.
Ma non ti preoccupare piccoletto, sono una terza figlia anch'io. Un po' quell'ebbrezza del non avere lo sguardo dei tuoi puntato sempre addosso, profuma davvero di libertà.

venerdì 7 settembre 2012

ONLY ONE.



Sto di diventando una tipa di poche parole, lo so. Ma questa foto sono le mie vacanze. Le altre raccontano cose, questa racconta noi. 
Io, quei tre cuccioli e l'uomo che l'ha fatta.
Sono in vena di romanticherie. Boh. Forse.
Però quando l'ho vista ho sussultato. Era una foto a sorpresa e di spalle. Le foto che non mentono.
Buon fine settimana settembrino.

martedì 4 settembre 2012

GESSI E ACQUA ovvero SULLO SCIOGLIERE.

In primo luogo l'estate.
Cioè, l'avvento dell'estate in sé. Non quella delle vacanze, quella delle prime canottiere. Dei piedi sempre nudi. Delle cicale. (Gnomo Uno: "Mamma, da quando abitiamo qui sembra di essere in campeggio. Le cicale cantano a tutte le ore!").
Abbiamo ricominciato a giocare con le cose.
Ma così. Alla come viene. Senza la mamma con il blog sempre in testa. Senza la fotina bella, anzi, la fotina quasi non avevo più voglia di farla. Perché mi sono accorta di stare sempre con qualcosa in mano. La macchina fotografica o il telefono o il computer.
E non ne avevo più voglia.
E poi quando io dirò ai miei simpatici nani adolescenti: "Ehi e basta con sto telefono!!", sia mai che mi voglia sentir dire: "E perché tu durante tutti gli anni della nostra infanzia cosa hai fatto?".
Ma tant'è, ogni tanto mi lasciavo andare però semplicemente perché in quel momento mi piacevano o mi piaceva il casino che stavano combinando.


Senza pensieri in testa, ma soprattutto senza la minima intenzione di ripulire tutta la casa, invece delle tempere, tanta acqua, ricordando un bellissimo post...

E via coi gessetti.


Il gesso con l'acqua si scioglie. Ma poi quando si asciuga, il risultato è un colore compatto, che cambia pelle.


Ma a noi cosa importa. E' l'acqua l'elemento principe. La vera goduria.
Il Tre ha cominciato a pucciare foglie e poi mani e poi, naturalmente, i piedi e tutto il resto.


Non l'ho fotografato.
Lì ho solo riso.



lunedì 3 settembre 2012

DI NUOVO.

Sono tornata e non sembra vero nemmeno a me.
E' strano essere di nuovo qui, al computer dopo mesi. E con il cuore sereno. Non con il senso del dovere che mi porta a riempire spazi vuoti.
Di nuove cose ne sono successe un mucchio.
Anzi, no. Cosa dico?
Non è successo nulla quest'estate. E per questo ho avuto modo di soffermarmi. Finalmente.
Fermarsi e voltarsi un po' a rivedere tutto il casino lasciato alle spalle.

E' stata un'estate strana, che ad un certo punto ha preso una strada diversa dal solito.
Io che solitamente ricado in loop estremi, mi sono svincolata all'improvviso dai doveri.
Dai doveri che mi imponevo.
E ho vissuto un'estate libera.


Abbiamo viaggiato per le montagne. Liberi di fermarci, tirar fuori tre sedie e poi proseguire. Dove non c'era afa, dove non c'era pioggia.
Ve lo racconterò, eccome.

Ma la svolta più grande me l'hanno offerta i libri. I libri che ho letto. Anche di questi vi dirò, non vedo l'ora di raccontarveli.
Insomma sento che qualcosa è cambiato. E' come se magicamente fosse cambiato un ingranaggio interno. In meglio? Boh.

Non so come si rifletterà tutto ciò qui, in questo schermo. Perché anche quello ho sondato. Per ora ho ritrovato la voglia di tornare e non è poco, direi.
Io che ho così tanta paura dei ritorni.
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